Reggio Emilia – Vincenzo Iaquinta, insieme al padre Giuseppe, fa parte dei 147 indagati rinviati a giudizio nell’ambito del maxiprocesso per ‘ndrangheta denominato “Amelia”.
L’ex calciatore, con il padre, saranno difesi dall’avvocato Carlo Taormina durante il processo ordinario che inizierà il 23 marzo a Reggio Emilia.
Per i due, però, le accuse sono completamente diverse. Per l’ex campione della Juve e campione del mondo con la maglia della nazionale, l’indagine verte su due pistole consegnateli dal padre e che Iaquinta teneva in cassaforte. Ritrovate lo scorso febbraio durante la perquisizione nella villa di Vincenzo, sono state segnalate proprio da lui in persona.
Diversa la posizione di Giuseppe. Secondo la Dda di Bologna, il padre del calciatore ricoprirebbe un ruolo di rilievo all’interno dell’organizzazione criminale. Nell’ordinanza di custodia cautelare si può leggere come Giuseppe Iaquinta sia intervenuto a diverse riunioni anche con appartenenti alle forze dell’ordine, avvicinati con il pretesto di omaggiarli di un qualche gadget del figlio, già calciatore affermato. Ma per Giuseppe importante era anche la presenza a cerimonie, veri e propri passaggi significativi nella vita di un clan. Importante anche la presenza negli affari. Secondo gli inquirenti, Iaquinta sarebbe anche colui che materialmente avrebbe procurato 1,5 milioni di dollari per compiere una rapina ad un furgone blindato.