“Fai il bravo o ti mando sulla Garaventa”. Molti genovesi hanno sentito pronunciare questa frase ai loro genitori o nonni ma in pochi, oggi giorno, conoscono l’origine della frase che era una vera e propria “minaccia”.
La Garaventa era infatti una “nave scuola” dove i ragazzi che oggi verrebbero definiti “problematici”, per il loro comportamento o per la pessima attitudine allo studio, venivano tenuti lontano dalla strada, rieducati e imparavano un mestiere.
La nave – in realtà una barca a vela donata al fondatore della scuola, Nicolò Garaventa, divenne un vero e proprio simbolo della città di Genova a cavallo tra ‘800 e ‘900 e ha rappresentato per moltissimi giovani scapestrati un vero percorso di rinascita.
Eppure il percorso di Nicolò Garaventa fu tutt’altro che semplice.
“Prima lo definirono un vanitoso. Poi magari insinuarono che fu un imbroglione. Indi lo qualificarono un ciarlatano. Adesso lo rispettano e riconoscono i benefici eloquenti della sua istituzione”. Queste parole su Nicolò Garaventa furono scritte da Luigi Arnaldo Vassallo, celebre giornalista genovese vissuto a cavallo tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Queste brevi frasi aiutano a capire la figura di Garaventa, insegnante e intellettuale vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, che si impegnò in un progetto dal grande valore sociale. Per capire al meglio la sua figura, bisogna prima fare un salto nella sua vita.
Nicolò Garaventa nacque ad Uscio il 23 Marzo del 1848 e, dedicatosi fin da giovane agli studi, divenne ben presto un insegnante di matematica al Liceo ginnasio Andrea d’Oria di Genova. Dopo alcuni anni all’interno dell’istituto, nel 1883 decise di intraprendere una nuova strada. Iniziò ad interessarsi dei giovani orfani o di quelli che vivevano in condizioni sociali particolarmente difficili, cercando di offrire loro un’opportunitá, oltre che le sue esperienze e le sue conoscenze. Parlando in dialetto genovese per farsi capire meglio, inizio a condurli sulla spianata dell’Acquasola, presso una baracca che divenne per presto una Scuola-officina, con lo scopo di insegnare ai giovani dei mestieri e ad allontanarli dalla strada. Le cose cambiarono ulteriormente nove anni più tardi: durante l’Esposizione Combiana organizzata in occasione dei quattrocento anni dalla scoperta dell’America, a Garaventa venne donata un’imbarcazione a vela, che egli tramutò ben presto in una nave-scuola.
Seguendo il motto “prevenire e redimere” prese vita la leggenda della Garaventa. All’interno di essa c’erano bambini tutti di età compresa tra i 6 e i 16 anni, ai quali era imposta una rigida educazione basata sulla disciplina militare, con tanto di divise e gerarchie. Questo aiutò molti di loro a trovare lavoro proprio come marinai.
L’attività proseguì anche con la morte dell’insegnante, avvenuta nel 1917, e si calcola che dal 1883 al 1977 (anno della definitiva chiusura della scuola) vennero istruiti e accolti circa dodicimila ragazzi.
Nei primi anni questa iniziativa produsse molte critiche, soprattutto da alcune figure dalla comunità scientifica che criticava i principi educativi utilizzati all’interno della nave.
Con il passare degli anni, però, la Garaventa riscosse sempre più successo, ottenendo anche dei finanziamenti dalla ricca borghesia genovese e venendo presa d’esempio per molte iniziative analoghe, come quelli di Napoli, di Venezia e di Cagliari, ma anche in Inghilterra, in Brasile e nei Paesi Bassi