Granchio BluAltri 10 milioni di euro per finanziare la lotta al Granchio Blu, da più parti definito il Killer dei mari. Il problema dell’invasione del granchio blu riguarda ancora poco il Mar Ligure, o almeno questo è quanto risulta al momento, ma giunge comunque come una buona notizia la decisione del Governo di destinare altri fondi per evitarne l’ulteriore diffusione.
Il Ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida, ha confermato la disponibilità finanziaria di 2,9 milioni di euro – già prevista dal DPCM n.104/2023 – per il contrasto del granchio blu sulle coste italiane, annunciando l’aggiunta immediata di ulteriori 10 milioni di euro per renderne più efficace la cattura e lo smaltimento, oltre alla messa in sicurezza degli impianti di molluschicoltura e all’acquisto di seme per il nuovo innesco dei processi produttivi.
Oltre a ciò, in quella sede lo stesso Lollobrigida ha comunicato una modifica della Legge 102/2004 che, assimilando la figura dell’agricoltore di terra all’agricoltore di mare, ne estende di fatto i benefici anche a questi ultimi, dichiarando altresì che il MASAF è al lavoro per far sì che le figure di agricoltori e pescatori vengano considerate dei veri e propri bioregolatori dell’ambiente.
Il Ministro, inoltre, ha annunciato sia la creazione di un fondo di innovazione per la pesca (analogo a quello già esistente per l’agricoltura), che sarà gestito dall’ISMEA e avrà una dotazione finanziaria per un valore che potrà oscillare dai 300mila ai 700mila euro che l’inserimento nella Legge di stabilità delle risorse necessarie per l’ammodernamento della flotta peschereccia nazionale e il supporto al “ricambio generazionale”.
Benché il granchio blu sia un problema che ad oggi impatta maggiormente le coste adriatiche del Paese, non è un segreto che “l’eventuale diffusione più massiccia del “killer dei mari” anche nel Mar Ligure metterebbe concretamente a rischio le attività dei mitilicoltori spezzini – spiega Daniela Borriello, responsabile regionale Coldiretti Impresa Pesca della Liguria – eccellenza della nostra regione già duramente vessato, nel corso dell’ultimo anno, anche dal surriscaldamento delle acque e dal conseguente incremento del metabolismo delle orate, per i quali a sua volta ha chiesto e continua a chiedere alle Istituzioni un aiuto concreto”.

Anche la mitilicoltura ligure e spezzina, infatti, necessita al più presto di fondi e sovvenzioni per sopperire ai danni causati proprio dalle orate, sempre più fameliche e che, nel corso dei mesi, hanno letteralmente fatto strage di circa il 70% della produzione di mitili all’interno degli allevamenti della provincia spezzina, finendo per distruggere il lavoro e i profitti di un intero comparto produttivo.

“È positivo lo stanziamento di ulteriori 10 milioni di euro per rendere più efficace la lotta al granchio blu – aggiungono Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – anche perché, oltre a devastare la biodiversità e l’ecosistema, questa particolare specie aliena danneggia anche le attrezzature di pesca, arrivando persino a tagliare le reti con le sue chele. Una minaccia per la sopravvivenza della pesca ligure e italiana, vittima solo nel corso degli ultimi 30 anni della scomparsa di ben il 33% delle imprese e, conseguentemente, di oltre 18mila posti di lavoro, con la flotta nazionale ridotta ad appena 12mila unità”.

In questo scenario, dunque, la stessa lotta a tavola del “killer dei mari” dà la possibilità di trasformare quella che oggi è una calamità in un’opportunità, anche grazie all’inserimento dello stesso granchio blu nei menu a km0 delle attività di ittiturismo e pescaturismo della nostra regione, oltre che degli agriturismi presenti sul litorale ligure e su quello italiano. Il tutto, chiaramente, sempre nel pieno rispetto delle normative territoriali. “Un’opportunità che, però, deve essere vista in quanto possibile compensazione parziale di quella che è la perdita derivata dalla diffusione incontrollata del granchio blu – conclude Borriello – ma che non sostituisce in alcun caso il reddito derivante dalle attività di acquacoltura”.