Chiavari (Genova) – E’ stata fissata per il 15 febbraio l’udienza preliminare che deciderà le sorti del caso dell’omicidio di Nada Cella, la ragazza di 24 anni trovata uccisa nell’ufficio del commercialista Marco Soracco, a Chiavari, nel lontano 1996. Il giudice potrebbe rinviare a giudizio l’attuale (e unica) imputata per il delitto oppure scegliere di archiviare il caso per assenza di prove determinanti contro Lucia Cecere che già una prima volta, all’epoca dei fatti, nel lontano 1996, venne scagionata dopo essere stata per un breve periodo, coinvolta nelle indagini.
Una vicenda che ha sconvolto la piccola cittadina di Chiavari e che è diventata un caso nazionale “spinta” dalle cronache dei giornali dell’epoca e che è rimasta “nel cassetto” sino alla recente riapertura delle indagini.
Difficile che la “prova regina” possa arrivare dagli esami del Dna fatti su reperti ritrovati e dunque “nuovi” ma comunque “vecchi” di 28 anni, e quasi certo che non ci saranno testimoni in aula a puntare il dito contro Cecere.
Tuttavia gli inquirenti hanno ricostruito una fitta rete di indizi che collocherebbero l’indagata sul luogo del delitto la mattina in cui avvenne grazie a testimonianze riportate, hanno reperti come i bottoni ritrovati in casa dell’indagata e che sarebbero uguali a quello trovato sul luogo del delitto e poi ci sarebbero le testimonianze mancate – e di qui l’accusa di falsa testimonianza di cui dovrebbero essere chiamati a rispondere lo stesso Soracco e la madre ormai novantenne – che non informarono le forze dell’ordine di altri particolari che invece sarebbero stati utili alle indagini.
In “sospeso” anche le indagini condotte sulle risorse finanziarie che l’indagata avrebbe avuto a disposizione per trasferirsi in altra regione all’epoca dei fatti e che non troverebbero giustificazione dalla situazione economica in cui viveva.
Ad emergere con certezza, invece, è una serie di mancanze nelle indagini dell’epoca e di persone che, pur essendo a conoscenza di fatti e informazioni, hanno sempre preferito restare nell’ombra piuttosto che andare alle forze dell’ordine per rilasciare deposizioni che sarebbero state fondamentali per risolvere il caso all’epoca dei fatti.