Genova – Genoa e Sampdoria “temporeggiano” sulla costituzione di una società comune per la gestione dello stadio Ferraris e presentano un aggiornamento del progetto di ristrutturazione ma il sindaco Marco Bucci richiama all’ordine le società definendo “insufficiente” la lettera inviata dai Club.
Ancora non si vede la fine del tunnel per la controversa e complessa nascita di una società newco che dovrebbe seguire, per conto delle due squadre genovesi i lavori di ristrutturazione dello stadio Ferraris ma soprattutto farsene carico.
Le motivazioni possono essere molteplici ma molti osservatori fanno notare che la Sampdoria non ha mai abbandonato il sogno di un nuovo stadio in una zona della città meno congestionata e con più spazi per progetti più ambiziosi rispetto alla sola avventura delle partite mentre il Genoa resta legato indissolubilmente allo stadio di Marassi, pur con tutti i suoi limiti e le proteste crescenti della popolazione residente che mal sopporta disagi e divieti che scattano ad ogni partita.
I più maliziosi, poi, ricordano che, sino ad ora, il Comune è stato molto “permissivo” rispetto a ritardi e debiti accumulati dalle società riguardo al saldo delle spese dovute e che la nuova Società, laddove nascesse, avrebbe tali spese direttamente sul proprio bilancio e senza possibilità di “dilazioni” rispetto a fornitori e creditori.
Il sindaco Bucci preme sull’acceleratore per concludere i lavori di ristrutturazione entro l’anno, per poter partecipare ai bandi per poter ospitare alcune partite degli europei del 2032 e torna a rafforzarsi l’ipotesi di ingresso nella costituenda società di altri Gruppi economici che però difficilmente, proprio per i mancati e tardivi pagamenti registrati in passato da Genoa e Sampdoria, sarebbero così interessate a far parte del gioco, rischiando di fatto di sostituirsi al Comune nella gestione di un eventuale recupero crediti.
Il tutto mentre, all’orizzonte (ma nemmeno troppo lontano) si profilano iniziative organizzate di protesta dei residenti del quartiere di Marassi sempre più stufi di pagare un tributo in disagi per consentire al resto della città di “divertirsi” in barba alle regola della civile convivenza.