La tragedia di Corleone fa discutere e commuove anche la Liguria e la scelta della donna di 78 anni di togliere la vita alla figlia gravemente disabile per poi suicidarsi alimenta discussioni roventi.
Una vicenda che, purtroppo, ne ricorda molte altre, anche in Liguria, dove le famiglie con disabili non ricevono l’assistenza e l’aiuto di cui avrebbero bisogno.
Fortunatamente non tutte le storie di questo tipo si concludono tragicamente ma è un errore pensare che siano “casi isolati” e che “non ci riguardano” solo perché capitano “agli altri”.
Secondo Genova Inclusiva, infatti, la vicenda “non nasce dal nulla ed è il risultato di una vita che si è consumata lentamente, giorno dopo giorno, dentro una casa dove il dolore era diventato routine e la solitudine una condanna”.
La donna, anziana e rimasta vedova da pochi mesi, si è ritrovata con la responsabilità totale di una figlia disabile da accudire e, probabilmente, con una “rete di assistenza” che non era sufficiente o che non ha compreso in tempo le reali necessità della famiglia.
“Due persone senza più rete – spiega Marco Macrì, portavoce di Genova Inclusiva, senza più fiato, senza più futuro. La stampa parla di una lettera di scuse, di un gesto estremo maturato nella disperazione. Ma dietro c’è molto di più: c’è un Paese che da anni si gira dall’altra parte”.
Secondo Genova Inclusiva, associazione che riunisce moltissime famiglie con figli disabili: “il caregiving in Italia è trattato come un hobby, non come un lavoro usurante che cambia e consuma la vita di chi lo svolge. Le istituzioni continuano a recitare la stessa litania: bonus da 400 o 600 euro , rigorosamente incastrati dentro paletti ISEE , certificazioni, modulistica, graduatorie, bandi a scadenza con bilanci regionali e comunali anteposti ai bisogni delle persone al contrario di quanto afferma la corte costituzionale. Come se l’assistenza a un figlio, un genitore o un partner fosse una parentesi temporanea e non un impegno ventiquattr’ore su ventiquattro che dura anni, a volte decenni”.
Contributi che sono “briciole travestite da grande riforma, un’elemosina amministrata con un rigore che sparisce quando si parla di sprechi pubblici ben più sostanziosi”.
Secondo Genova inclusiva: la realtà è che i caregiver vivono nell’ombra, schiacciati da responsabilità enormi senza un sostegno economico serio, senza supporto psicologico garantito, senza sollievo, senza servizi domiciliari stabili e organizzati. E il risultato è che, quando la rete familiare si spezza — come nel caso della morte del marito — crolla tutto. Non perché la persona “impazzisce”, ma perché nessuno l’ha mai davvero sorretta”.
“La narrazione istituzionale – denuncia Macrì – parla di “presa in carico”. Nella vita reale, la presa in carico è un giorno alla settimana quando va bene, qualche ora di assistenza, e un elenco infinito di cose che devi risolvere da solo. È un Paese che affida ai familiari ciò che non vuole pagare, ciò che non sa gestire, ciò che finge di aver risolto”.
La tragedia di Corleone, secondo l’associazione che rappresenta i familiari dei disabili, è figlia di questo disastro sistemico.
“Quello che è avvenuto – spiega ancora Macrì – non è solo il gesto disperato di una madre.
È il punto di rottura di un sistema che pretende tutto e restituisce quasi niente. Finché continueremo a trattare i caregiver come un dettaglio statistico, e non come una forza lavoro vera che sorregge un numero altissimo di persone fragili, continueremo a indignarci di fronte a tragedie che sono, purtroppo, la conseguenza prevedibile di un abbandono strutturale. E questo, prima o poi, dovremo ammetterlo tutti”.
Resta da chiarire un punto fondamentale per capire sino in fondo la situazione. E’ quello che riguarda la “disabilità” percepita come una condizione con la quale “si nasce”.
In realtà, considerando l’età media che avanza e le malattie neurodegenerative in costante aumento, si tratta di situazioni che possono toccare letteralmente tutti.
Un anziano malato, un compagno che si ammala, una persona che resta vittima di un incidente, sono storie che aumentano di numero e, statisticamente, toccano un numero sempre crescente di persone. Tenerlo presente aiuterebbe a capire la gravità della situazione.

























