HomeGenovaCronacaFondi ad Hamas, Hannoun pronto a chiarire ogni passaggio, dubbi sulle prove

Fondi ad Hamas, Hannoun pronto a chiarire ogni passaggio, dubbi sulle prove

palazzo di Giustizia Tribunale GenovaGenova – Un colloquio di oltre due ore, nel carcere di Marassi, tra i legali difensori e Mohammad Hannoun, l’architetto palestinese accusato, insieme ad una ventina di persone, di aver “finanziato Hamas” con denaro proveniente dalle raccolte in favore del popolo palestinese. Gli avvocati Emanuele Tambuscio e Fabio Sommovigo hanno chiarito che l’indagato è in grado di documentare ogni singolo passaggio di denaro e che ogni somma versata ha uno specifico progetto di beneficenza realizzato in Palestina con associazioni registrate anche in Israele e dunque, pur preoccupato per la situazione, non ha dubbi sulla possibilità di chiarire ogni passaggio economico.
Hannoun non ha ancora risposto alle domande del magistrato che segue il caso e farà dichiarazioni spontanee appena verranno consegnati tutti i documenti che fanno parte delle indagini anche per poter chiarirne l’origine.
Gli avvocati della difesa intendono accertare l’origine della vasta documentazione consegnata ai magistrati non da altri magistrati come prevede la procedura dei rapporti tra Giustizia italiana ed estera ma sarebbero stati raccolti da una non meglio precisata “unità investigativa” che farebbe capo al ministero della Difesa israeliana e non a quello di Giustizia. Particolari che potrebbero rendere “inutilizzabile” la documentazione perché raccolta in circostanze e modalità che non sono riconosciute dal Diritto Internazionale perché non verificabili e controllabili nella loro autenticità.
Hannoun ha anche voluto chiarire che non stava affatto fuggendo in Turchia con la famiglia ma che anzi stava per fare uno dei suoi ricorrenti viaggi nei paesi dove è possibile “operare” direttamente con Gaza e la Palestina senza blocchi e ostacoli più o meno leciti da parte di autorità che non sono favorevoli agli aiuti alla popolazione martoriata da mesi di bombardamenti indiscriminati che hanno ucciso anche decine di migliaia di donne e bambini.
L’architetto palestinese ha chiarito anche di aver dovuto raccogliere e movimentare denaro contante dall’Italia alla Turchia e all’Egitto, per poi tornare ad operare nella trasparenze dei conti correnti, per “aggirare” il blocco dei conti correnti subito in Italia dopo l’attentato del 7 ottobre in Israele.
Nei prossimi giorni la difesa di Hannoun visionerà tutta la documentazione consegnata e quella che ancora non è stata messa a disposizione come sarebbe invece previsto dalle procedure della Giustizia italiana ed esaminerà in particolare il materiale che sarebbe stato fornito alle autorità italiane da servizi di intelligence israeliani.
Secondo gli avvocati di Hannoun, potrebbe infatti trattarsi di “materiale sequestrato o raccolto sul campo di battaglia e non si conosce con quali modalità e quali garanzie procedurali o processuali possano avere. In parole povere se potranno essere usati in un eventuale processo.
Secondo le procedure della Legge italiana, infatti, il materiale doveva essere raccolto da un’autorità giudiziaria – seppur di un paese estero – e non da personale che risponde o che fa capo ad autorità militari coinvolte in un conflitto e che potrebbero avere motivo di “colpire” chi aiuta il supposto nemico.
Secondo le informazioni raccolte sino ad ora, infatti, risulterebbe che la documentazione sulla quale si basa buona parte delle indagini sia stata raccolta da un agente che non è identificabile secondo normative israeliane (valide in Italia?) e che farebbe parte del National bureau for counter terror financing of Israel, una agenzia del ministero della Difesa israeliano istituita nel 2018 proprio per combattere il finanziamento del terrorismo.
Assai probabile che, in sede giudiziaria, lo “scontro” tra accusa e difesa si concentri proprio su queste informazioni che potrebbero non essere utilizzabili in Italia perché raccolte con metodologie che non sono accettate dal nostro ordinamento.
Resta poi il fatto che l’organizzazione politica di Hamas, nel bene e nel male, ha governato e governa Gaza e la Palestina come risultato di elezioni politiche non contestate e dunque valide.
Ogni organizzazione che opera da anni con la Palestina non può che aver avuto necessariamente rapporti con membri o funzionari di Hamas. Diversamente sarebbe stato impossibile operare sul territorio controllato dal movimento. Rapporti che non possono essere certo assimilati a quelli con l’ala militare e accusata di terrorismo e che, comunque, andranno dimostrati in sede processuale.

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