stipendio fame Ornela CasassaGenova – “E ringrazia che lavori”. E’ il titolo provocatori scelto per l’incontro organizzato per giovedì 15 giugno, alle ore 18, in piazza Don Gallo, per parlare di precariato e paghe da fame.
Troppo spesso i giovani si sentono dire questa frase se “osano” lamentarsi delle condizioni pessime in cui si è costretti a lavorare, tra contratti di collaborazione precari, finte Partite Iva, zero prospettive di assunzione, stipendi da fame e straordinari non pagati.
Il tema è emerso con tutta la sua forza nelle scorse settimane, quando è diventato virale il discorso dell’ingegnera edile genovese Ornela Casassa, 28 anni, che raccontava di aver rifiutato uno stipendio da 750 euro «perché così non ci si vive».
Il video del suo discorso, pubblicato sui social dalla consigliera regionale Selena Candia della Lista Sansa (area rossoverde), ha raggiunto più di 3,5 milioni di visualizzazioni sui social.
Ornela ne parlava durante una cena insieme a un gruppo di attiviste e attivisti per discutere di politica, all’Osteria La Lanterna.
Questo gruppo informale si chiama “Generazione P.” e ha immaginato: «E ringrazia che lavori», con l’organizzazione della Comunità di San Benedetto al Porto (la comunità di Don Gallo), e Adi-Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia.
Si tratta di un evento apartitico, senza loghi politici, con testimonianze di una dozzina di lavoratori e lavoratrici di diverse categorie: oltre all’ingegnera Casassa, ci saranno una psicoterapeuta, un architetto, un ricercatore, un avvocato, un musicista, una fotogiornalista, una storica dell’arte, una psicologa, una tirocinante, un’educatrice…
Seguirà un dibattito con i sindacati Nidil Cgil Genova e Uiltemp Liguria; associazioni come ADI Genova e Ullarc-Unione lavoratrici e lavoratori in architettura.

«Abbiamo deciso di concentrarci sulle professioni intellettuali perché sono poco sindacalizzate e proprio per questo trovano terreno fertile per lo sfruttamento da parte dei datori di lavoro», spiegano Ornela Casassa, la consigliera regionale Selena Candia e il consigliere municipale rossoverde Lorenzo Garzarelli, che insieme agli attivisti di GenerazioneP sono tra gli ispiratori dell’incontro.

«L’obiettivo è creare un momento di confronto tra le diverse categorie, per riflettere sul rapporto tra i giovani e i lavori intellettuali. E ragionare su condizioni di lavoro che sono spesso indecenti, a partire dai compensi».

«Quando ci fanno fare sei mesi di tirocini, quella è la gavetta. Ma la gavetta non può durare dieci anni», aggiunge l’ingegnera Casassa, che dopo aver rifiutato uno stipendio da fame è riuscita a trovare un lavoro da ingegnera di cui è molto soddisfatta.

«Siamo giovani ma non per questo dobbiamo vivere con il timore di non arrivare a fine mese. Dopo cinque anni di università e un tirocinio gli stipendi devono consentire di pagarsi una casa e da mangiare, e senza levarsi chissà quali sfizi magari riuscire a mettere qualcosa da parte. Ma per questo ci vorrebbero stipendi con cifre più alte di quelle che molti datori di lavoro offrono».

Questi i dati forniti dalla Giunta regionale in seguito a una interrogazione in consiglio della consigliera Candia nel 2021.

In Liguria, tra gli universitari, solo il 65% si iscrive all’università di Genova; oltre il 25% studia in altre città italiane, i restanti frequentano un’università telematica.
Sul lavoro le cose vanno peggio: 12.400 giovani tra i 16-34 anni lavorano in altre regioni. Negli ultimi 10 anni sono aumentati dal 13,9% al 17,1%.
E poi ci sono i liguri all’estero, più di 140mila: il 9% della popolazione residente. Di questi, 55mila (il 39%) hanno meno di 35 anni.
Secondo l’ultimo quaderno dell’Osservatorio del mercato del lavoro in Liguria, pubblicato a fine 2022, i cittadini italiani laureati che sono andati a vivere stabilmente all’estero, cancellando la residenza, tra il 2019 e il 2020 sono aumentati in Italia del 5,4% (+1.591 unità), nel Nord Ovest del 14,8% (+1.285 unità) e in Liguria del +25,9% (+167 unità). Non solo: in Liguria, tra i laureati cancellati dall’anagrafe a causa del trasferimento all’estero, nel 2018, la classe 25-39 anni era il 57,5% del totale, mentre nel 2019 è salita al 65,3% e nel 2020 al 68,6%.