Genova perde un altro dei suoi “alberi storici” e torna a divampare la protesta. In spianata Castelletto è stato letteralmente “spogliato” uno dei pini che da decenni fanno parte del panorama ammirato da migliaia di turisti ogni anno e scoppia il “caso”.
La vicenda ricalca quella ormai tristemente nota in città: un albero viene improvvisamente tagliato e nessuno riesce a sapere cosa abbia causato la decisione.
Un pino che sembrava in ottima salute agli occhi dei residenti che ogni giorno lo ammiravano uscendo di casa, è stato evidentemente considerato “a rischio” e abbattuto senza alcuna possibilità di replica, con una modalità che si ripete sempre più spesso in città e che suscita l’indignazione degli ambientalisti ma anche le “riserve” di chi vorrebbe maggiore trasparenza da parte degli enti preposti alla cura e salvaguardia del verde pubblico.
La storia è presto detta: in Spianata Castelletto, accanto all’ascensore che secondo il celebre poeta Caproni porterebbe in Paradiso, c’era un magnifico albero di pino. Una pianta contorta e che è cresciuta “inclinata” per decenni come solo quel tipo di albero sa fare, simbolo stesso della Liguria e della sua resilienza alle asperità e alle ingiurie del tempo.
Qualche giorno fa i residenti della zona lo hanno trovato circondato da transenne ed hanno pensato ad una potatura, la prima, sembra, in tanti anni, e qualcuno si è persino rallegrato per l’improvviso interesse mostrato per una zona di grande pregio e di richiamo turistico.
In realtà, però, le motoseghe hanno ben presto ridotto ad un moncone senza fronda uno degli alberi simbolo di Spianata.
C’è chi si è commosso pensando alle foto che lo ritraggono bambino proprio sotto quell’albero e chi ricorda di aver scambiato i primi timidi baci con la fidanzata o il fidanzato e, ancora, chi ha passato giorni e giorni appostato con la macchina fotografica per attendere la luce propizia per uno scatto “da manuale”, con l’albero inclinato ma ben saldo, il profilo dell’ascensore cantato da Caproni e lo sfondo meraviglioso dei tetti di Genova.
Passata la commozione è però salita la rabbia. Quel “mugugno” tutto genovese che se la prende con tutto e tutti e che ha reso celebre la stessa anima di Genova.
Ci si domanda cosa avesse l’albero. Perché è stato tagliato, se si poteva potare e salvare.
La discussione, accesissima, è ben presto passata sui social dove la pagina “Genova contro il degrado” ha amplificato il confronto rendendolo cittadino.
Ancora una volta ci si domanda perché agire senza informare la popolazione. Perché non rendere pubblica la motivazione dell’intervento e, soprattutto (fatte salve esigenze di sicurezza e pubblica incolumità), perché non sono state rese pubbliche le verifiche condotte (analisi visive e con macchinari preposti) lasciando democraticamente la possibilità (e il tempo) per una contro perizia, un ricorso e magari per una soluzione “diversa”.
Una parte della polemica, infatti, riguarda la modalità con la quale vengono prese queste decisioni. C’è chi ipotizza che non vengano utilizzati gli strumenti tecnologici che da tempo vengono usati dagli esperti per valutare lo stato di salute degli alberi.
Alla sola – comunque autorevole – ispezione visiva, potrebbe essere affiancabile un accertamento strumentale, con una sorta di Tac che consente di esaminare anche la solidità del legno del tronco, la presenza di cavità nascoste agli occhi e persino un software in grado di “predire” la possibilità di cedimenti e come intervenire, con potature mirate, per riportare l’albero “in sicurezza”.
Esami che non è stato dato modo di visionare e che, richiesti da consiglieri municipali per altri casi analoghi – come gli abbattimenti a raffica a Marassi – non vengono forniti per motivi che sfuggono alla comprensione dei più.
Eppure sarebbe segno di grande trasparenza (oltre a rafforzare la fiducia nelle istituzioni) dare la possibilità di verificare tali esami, anche a posteriori, per togliere ogni possibile dubbio.
Una richiesta ragionevole che tutti si augurano diventi presto una prassi.